Contatto ed Esperienza: l’arte di apprendere attraverso un approccio esperienziale.

Quando ero bambina, i miei genitori avevano un camper e lo usavamo spesso per andare in vacanza, in qualsiasi stagione. In gennaio di solito si andava a sciare. Un giorno, avrò avuto tre o quattro anni, nell’andare verso il bagno sfiorai con il dorso della mano la stufa responsabile di tenerci tutti al caldo nelle fredde giornate invernali. Oltre ad una cicatrice, mi è rimasta la certezza di non avvicinarmi mai più a qualcosa che brucia senza prestare attenzione.

L’essere umano impara attraverso l’esperienza.
Fortunatamente, non è l’unico modo per acquisire conoscenze, poiché la nostra mente funziona per associazioni e possiamo immaginare anche ciò che non abbiamo mai sperimentato se abbiamo dentro di noi la comprensione di qualcosa di analogo.
Per lo stesso motivo, possiamo comunque solo avere una conoscenza parziale di ciò che non sperimentiamo e in ogni caso quel qualcosa di analogo deve già esistere dentro di noi.

In sostanza, non era necessario che io mi stampassi il bel disegno della stufa del camper sul polso per comprendere il concetto di bruciare. Allo stesso tempo, se i miei genitori mi avessero spiegato che la stufa brucia senza che io avessi dentro di me nessuna esperienza di qualcosa che brucia, non ne sarei rimasta più di tanto impressionata. In quel modo, invece, si è attivato tutto: la sensazione fisica di dolore, il vissuto emotivo di paura e la conseguente fuga e ricerca di consolazione. Quando l’emergenza è cessata, la descrizione di quello che è successo da parte di mia mamma mi ha permesso di completare l’esperienza e di archiviarla sotto la voce: “Attenzione, le cose che bruciano fanno malissimo!”.

Di sicuro, quindi, possiamo dire che l’esperienza è la via più diretta per imparare.

Quando facciamo esperienza entriamo in contatto con tutte le sensazioni e le percezioni connesse a quel momento, compreso il nostro vissuto emotivo. Questo, più di qualsiasi conoscenza teorica, fa sì che dentro di noi quella consapevolezza venga registrata e conservata.

La Gestalt è una psicoterapia esperienziale, cioè si fonda sul presupposto che il vero cambiamento passi attraverso l’esperienza.

In Gestalt ci si occupa del “come” e non del “perché”.
Molti approcci psicoterapeutici si focalizzano sul trovare le spiegazioni e le cause di un determinato comportamento, nella convinzione che se la persona capisce il motivo per cui ha agito in un certo modo, allora potrà cambiare. In realtà, capire non è affatto sufficiente a cambiare. Anzi, talvolta trovare una spiegazione serve semplicemente a giustificare qualcosa. Le famose frasi “è tutta colpa dei genitori” e “dipende dal passato che ho avuto” non fanno altro che alimentare relazioni conflittuali e assicurare che nessuno si assuma la responsabilità della propria vita di adulto.
Secondo voi, se uno dice di voler smettere di rubare, è più incline a farlo chi dichiara di essere così perché la propria cultura si fonda sul rubare, oppure chi riesce a mettersi nei panni delle proprie vittime sentendone la sofferenza?

In Gestalt si entra in contatto. 
Essere presenti a sé e all’altro è molto impegnativo e per niente semplice.
Serve intenzione, ascolto e concentrazione.
Stare in contatto è una meditazione, poiché implica la capacità di non identificarsi completamente con i propri pensieri e le proprie sensazioni ed emozioni per potersene accorgere.

In Gestalt non si deve capire: si deve fare esperienza.
La persona viene accompagnata a rendersi consapevole di cosa fa nella sua vita e come lo fa, ad immaginare nuove possibilità e a sperimentarle in primo luogo nella relazione con il professionista. In questo modo, ogni seduta diventa un luogo e uno spazio affinché le persone possano fare qualcosa di diverso, all’interno della prima relazione in cui possono sperimentare il cambiamento.

Tutto il mio lavoro, dai colloqui di psicoterapia, ai laboratori con gli animali, ai gruppi di Comunicazione Non Violenta, si fonda su un approccio esperienziale. Le persone, infatti, per avere una possibilità reale di migliorare la propria esistenza, hanno bisogno di toccare con mano qualcosa di diverso e mettersi in gioco per poter conoscere e scoprire.

In quest’ottica, possiamo dire che la psicoterapia della Gestalt è come una palestra di vita. E in palestra non ci si va per sapere perché gli attrezzi hanno una determinata forma, ma per usarli.

Chi vuole capire può leggere i libri, chi vuole cambiare può andare in palestra.

Voi cosa volete fare?

Marianna Turriciano