La relazione d’aiuto come spazio abitabile in cui essere se stessi.

Vi siete mai chiesti dove nascono tutti i problemi degli esseri umani?

Nella relazione.

Potreste obiettare che riusciamo a crearci parecchi problemi anche da soli. Verissimo! Infatti siamo in relazione anche con noi stessi. In questo senso, non servirebbe a niente ritirarsi in isolamento in una grotta perché tutti i conflitti che creiamo col mondo e nel mondo, si ripresenterebbero con noi stessi, in noi stessi. Finché esiste la dualità esistono le polarità, come luce e ombra e le relazioni tra esse.

Il nostro mondo è immerso nel dualismo e quindi nella relazione.
E quando i problemi nascono nella relazione, è solo nella relazione che si possono risolvere.

In Gestalt, difatti, si dice che è la relazione che cura. Ma come?

Serve una premessa.

Immaginate di considerare ogni essere umano come un piccolo dittatore che gira per il mondo, tutto intento a soddisfare i propri bisogni nevrotici e a scaricare sugli altri le proprie emozioni. Questo piccolo dittatore può essere mosso prevalentemente dalla paura, dalla rabbia, oppure dall’invidia e in ogni caso vede il mondo filtrato da queste emozioni che lo caratterizzano. Certo, il piccolo dittatore ha dovuto imparare a sopravvivere in mezzo ad altri piccoli dittatori! Crescendo, ha rafforzato le proprie barriere, consolidato le proprie convinzioni ed è diventato sempre più bravo nel cercare negli altri la soddisfazione dei propri bisogni. Inoltre, non avendo mai incontrato nessuno al di fuori di piccoli dittatori, non conosce altro. Poi ci sono le specializzazioni. Alcuni piccoli dittatori sono eccellenti giudici di se stessi e degli altri. Altri vincono ripetutamente le olimpiadi della prepotenza. Altri ancora sono professionisti selettivi nell’evitamento della fiducia. Diversi sono specializzati in ricatti d’amore. Parecchi hanno la laurea ad honorem nella capacità di autotrasformazione in robot. E così via…
Così, ogni piccolo dittatore continua la propria vita in mezzo ad altri piccoli dittatori.

Ogni tanto, a qualcuno viene il dubbio che tutto ciò non sia poi così tanto divertente e nel momento in cui si rivolge ad un professionista della relazione d’aiuto entriamo in gioco noi e la possibilità che la relazione professionale diventi una relazione che cura.

Cosa pensate, che i professionisti non siano anche loro dei piccoli dittatori? Certo che lo sono!
Semplicemente, hanno fatto abbastanza psicoterapia (si spera e sottolineo psicoterapia poiché solo in psicoterapia si può lavorare sul proprio mondo interno) da essere abbastanza consapevoli del proprio piccolo dittatore interno per non lasciare che sia lui a guidare il colloquio.

In sostanza, la relazione che cura è una relazione che in gergo psicologico viene spesso definita “relazione sana” e non è altro che uno spazio e un luogo in cui i piccoli dittatori possono relazionarsi a qualcuno che non ripropone un altro piccolo dittatore nella relazione.

Il professionista, infatti, non è li per soddisfare i propri bisogni né per far scendere in campo il proprio piccolo dittatore, ma per aiutare il cliente. Perciò, entra nella relazione consapevole di quello che accade a sé e in ascolto di quello che accade all’altro.
Nella visione umanistica della psicologia, e nell’approccio della Gestalt in particolare, il professionista si mette in gioco con tutto se stesso e utilizza soprattutto quello che vive emotivamente come strumento per entrare in relazione con l’altro, senza giudicare ciò che emerge. In questo modo, agevola l’ascolto, l’espressione e l’accettazione di sé anche da parte del cliente.

In questo caso, quella sarà la prima vera “relazione sana” che il piccolo dittatore potrà sperimentare, che diventerà un banco di prova e di sperimentazione per poi poter a propria volta contribuire a creare relazioni più sane nel mondo. In sostanza, relazioni più consapevoli.

In altri articoli parlerò più approfonditamente della consapevolezza.

Se vi state chiedendo che fine fa il piccolo dittatore quando una persona è diventata decisamente più consapevole di sé, non vi preoccupate: rimane sempre li. Solo, non è più lui a guidare per forza. E questo non è affatto poco.

Marianna Turriciano