Giallo: il colore associato alla libertà. Ci piace o ci spaventa?
Il ritorno in zona gialla è qualcosa che da tempo non sperimentavamo e che molti attendevano con grande ansia. Leggendo in questo caso la parola ansia, sia come sostituta di entusiasmo che di preoccupazione.
Il giallo è il colore che abbiamo imparato ad associare alla libertà, o per lo meno ad una maggiore libertà rispetto a quella sperimentata nei mesi scorsi.
Possiamo riprendere a muoverci liberamente dentro la nostra regione, recuperare dei contatti relegati finora al mondo online, e ritornare a godere di pranzi e aperitivi, purché all’aperto.
Ma siamo pronti?
“Certamente!”, è la risposta che vorremmo dare. “Finalmente siamo in giallo!”, è l’esclamazione che vorremmo dire.
A quanto ho modo di vedere, per lo meno all’interno della mia rete di contatti personali e professionali, non è scontato che sia così.
Molti ragazzi stanno meglio in casa ora, preferirebbero addirittura non aver mai ripreso ad andare a scuola e sperimentano vera e propria ansia. Quella vera ora, intesa come paura.
Diversi adulti dichiarano che tutto sommato per loro la riapertura non cambia, svelando un desiderio di mantenere la vita tranquilla che hanno imparato a trascorrere.
Anche loro leggermente in ansia, nonostante sia meno evidente che nei ragazzi. E anche in questo caso quella vera, che sa di paura.
Ma allora ci siamo ritrovati come l’anno scorso a fine lock down?
No, penso proprio che sia estremamente diverso.
Oggi c’è molta meno paura del Covid di per sé e molta più rabbia, frustrazione per tutta questa gestione sconclusionata. Allo scompiglio delle misure di prevenzione, nel frattempo si è aggiunta anche quello relativo alla questione vaccini.
E’ proprio l’incertezza, infatti, la parola chiave che da un anno a questa parte mina la nostra fiducia, sicurezza e mette a dura prova la nostra capacità di resilienza.
Non sapere a cosa e a chi credere chiaramente, mina la nostra fiducia sia verso l’esterno che verso le nostre stesse capacità di comprensione.
Non avere idea di quando e come potremo superare questa situazione, mina la nostra possibilità di progettare e ci catapulta in un presente sterile.
Ebbene si, nonostante più volte si sia scherzato sul fatto di essere “finalmente costretti” a vivere nel “qui ed ora” tanto amato da noi Gestaltisti, in realtà non funziona proprio così.
Il “qui ed ora” gestaltico, è certamente saper stare in contatto nel presente, ma tenendo conto del bagaglio esperienziale del passato e con la prospettiva di una realizzazione nel futuro. Una prospettiva e progettazione futura è necessaria, affinché la nostra immaginazione si possa ancorare a qualcosa che consideriamo esperibile concretamente.
In assenza di questa possibilità, rischiamo di rimanere incastrati in un presente che diventa più che altro una gabbia, in cui possiamo avere la percezione di girare a vuoto il nostro motore. L’immaginare rischia di essere sostituito da un semplice desiderare e sognare ad occhi aperti, senza una concreta previsione di attuazione pratica.
Ma perché l’incertezza porta a temere la libertà?
Innanzitutto, all’incertezza bisogna aggiungere un perenne stato di allerta, senso di impotenza e preoccupazione costante. Provare questi stati emotivi in maniera prolungata, anche fisiologicamente, è molto dannoso. Una delle reazioni possibili dell’organismo, a propria tutela, è quella di associare la limitazione e la restrizione con la percezione di sicurezza.
Il bisogno di sicurezza è uno dei bisogni più importanti dell’essere umano. E non riguarda solamente l’assenza di un nemico tangibile, ma la percezione che la persona ha di sé, del proprio potere personale.
Allora, nel momento in cui cominciamo ad associare la libertà con questi stati di allerta, ansia e impotenza, naturalmente potremo trovarci a preferire una condizione in cui abbiamo la percezione di poter avere il controllo, anche se è una condizione che non ci piace.
Quindi potremo avere comportamenti che apparentemente stonano con le rinnovate libertà della zona gialla. Non avere piacere a rivedere persone che non vediamo da tanto tempo, non avere voglia di andare in posti frequentati, fino ad avere veri e propri attacchi di panico all’idea di uscire di casa o, per esempio, andare a scuola.
Il ragazzino che preferisce stare in casa piuttosto che uscire sta sperimentando qualcosa di esattamente contrario al suo processo evolutivo sano. La paura di una libertà che ha imparato a temere. E che non solo non è più abituato a maneggiare, ma che non arriva nemmeno più a reclamare, come invece sarebbe consono all’età.
Torniamo gialli, si, ma come ci affacciamo a questa nuova libertà?
Marianna Turriciano
Fonte immagini: pixabay – immagini libere da copyright
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